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  • 1997/02/04 Matthew Eappen
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  • thumb|Matthew Eappen La giovane e' stata riconosciuta colpevole di aver provocato la morte di un bimbo. Sotto accusa la politica per l'infanzia Usa, ergastolo alla baby sitter inglese E la Gran Bretagna insorge contro il verdetto: "Come in un processo del 1700". New York - I suoi plateali tentativi di spacciarsi per una dolce Mary Poppins incompresa sono falliti. Louise Woodward viene dalla scuola assassina di "Mano sulla culla" con Rebecca de Mornay, non da quella di Julie Andrews che cantava "se vuoi questo lavoro devi avere un cuore d'oro". O almeno questa e' l'opinione della giuria di 9 donne e 3 uomini che giovedi' hanno condannato la diciannovenne ragazza alla pari inglese. Rea dell'omicidio di Matthew Eappen, 8 mesi. Lo sfogo della giovane dopo la lettura del verdetto, tra copiose l
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  • thumb|Matthew Eappen La giovane e' stata riconosciuta colpevole di aver provocato la morte di un bimbo. Sotto accusa la politica per l'infanzia Usa, ergastolo alla baby sitter inglese E la Gran Bretagna insorge contro il verdetto: "Come in un processo del 1700". New York - I suoi plateali tentativi di spacciarsi per una dolce Mary Poppins incompresa sono falliti. Louise Woodward viene dalla scuola assassina di "Mano sulla culla" con Rebecca de Mornay, non da quella di Julie Andrews che cantava "se vuoi questo lavoro devi avere un cuore d'oro". O almeno questa e' l'opinione della giuria di 9 donne e 3 uomini che giovedi' hanno condannato la diciannovenne ragazza alla pari inglese. Rea dell'omicidio di Matthew Eappen, 8 mesi. Lo sfogo della giovane dopo la lettura del verdetto, tra copiose lacrime e rinnovate proclamazioni di innocenza, non sono servite ad ammorbidire la sentenza del giudice Hiller Zobel. Che venerdi' le ha affibbiato l'ergastolo, con opzione di liberta' vigilata tra 15 anni. Fuori dal tribunale i coniugi Eappen, entrambi medici, hanno rievocato le "predate gioie" di genitori: "Avevamo tanti sogni e progetti per il suo futuro. Fino al 4 febbraio, quando anche noi siamo morti". In quel famigerato giorno la Woodward si trovava da sola con Matthew e il fratello a casa Eappen, in un sobborgo di Cambridge. E' lei stessa a chiamare il 113: "Correte, c'e' un bimbo in coma". Ad un poliziotto, piu' tardi, confessa d'essere stata "un po' troppo brusca con Matthew". Ma durante il processo nega d'aver mai pronunciato quella frase. E' convincente, favorita forse dall'aspetto da educanda. I 12 giurati impiegano ben tre giorni a stabilire che fu lei a provocare al piccolo la frattura cranica e la commozione cerebrale, in un raptus di collera contro i suoi genitori. Che le avevano imposto il coprifuoco perche' faceva le ore piccole in citta' ogni notte e spendeva cifre astronomiche in telefono. A rappresentarla, al processo, e' il costosissimo team guidato da Barry Scheck, uno dei legali di O.J. Simpson, ingaggiato dalla sua agenzia che teme la bancarotta. La sconfitta finale, ironicamente, e' un autogol della difesa. Che e' cosi' certa di stravincere (i suoi esperti giurano che le lesioni cerebrali possono essere state inflitte prima dell'arrivo della Woodward, implicando indirettamente gli stessi genitori) da chiedere alla giuria di scegliere tra colpevolezza e innocenza, escludendo la formula intermedia dell'omicidio involontario. Il caso intanto non e' affatto concluso. Mentre la difesa annuncia l'appello, in America imperversa il dibattito sulla mancanza di una politica per l'infanzia. Secondo alcuni la vera responsabile di questa e simili tragedie consumatesi in Usa negli ultimi anni. Anche se il verdetto ha obbligato le agenzie che "importano" annualmente 10mila ragazze alla pari in Usa ad irrigidire i criteri di ammissione, il problema di fondo resta irrisolto. "La cura dell'infanzia rimane una lotteria dove le mamme perdono sempre - punta il dito la sociologa Stephanie Coontz -. Se stai a casa coi figli vieni accusata d'essere una parassita. Se li mandi all'asilo nido sei una "che scarica". E quando hai una tata diventi una carrierista ricca e menefreghista". thumb|Louise Woodward Il dramma in diretta tv per gli amici: "Raccogliamo fondi per lei" Londra - L'Inghilterra e' sconvolta dalla condanna di Louise Woodward. Come spesso accade quando un connazionale viene giudicato all'estero, la passione prevale sulla ragione, pure a Londra: "Basta essere donna, inglese e giovane perche' i giudici trovino facile muovere accuse", ha scritto un giornale, con vittimismo. Il caso di Louise viene infatti dopo quello delle due infermiere inglesi processate in Arabia Saudita per l'omicidio d'una collega. E se allora la Gran Bretagna aveva dovuto conoscere le inusuali procedure della legge islamica, con il "denaro insanguinato" da pagare per evitare la pena capitale, oggi accusa apertamente "gli aspetti peggiori della giustizia americana". Il processo a Louise, trasmesso in diretta da Sky News, ha infatti incollato alla tv gli spettatori britannici come quelli americani. Con la differenza che, su questa sponda dell'Atlantico, si parteggiava per l'imputata. Sicche' la condanna e' un dramma, sia umano che legale. C'e' lo sgomento di Elton, il piccolo villaggio del Cheshire da dove Louise e' partita per l'America. Debbie Lator, 36 anni, che spesso aveva chiesto alla Woodward di fare la baby - sitter per la figlia Georgina, non crede che la ragazza sia colpevole di violenze: "Mia figlia stava alla finestra ad aspettarla, perche' con lei si trovava benissimo: non riesco a capire che sia successo a Boston". La Lator e' promotrice della campagna Giustizia per Louise, che ha gia' raccolto i fondi per mandare in America i genitori della ragazza. E ora dal pub Rigger, dove c'e' il quartier generale del movimento, si chiede che la ragazza sconti la pena in un carcere inglese, vicino a casa. Elton s'era mobilitato per Louise: i presidi della scuola elementare e delle superiori erano andati a Boston a testimoniare sul buon carattere della ragazza. Ma le critiche piu' severe vengono dagli addetti ai lavori. L'avvocato Jonathan Caplan, uno dei massimi legali in campo penale, dice che "piu' vedi questi processi piu' capisci che disastro sia la giustizia americana". Perche', dopo il caso O. J. Simpson, si ha l'impressione che il processo non sia "un'accurata, spassionata analisi delle prove", ma piuttosto una recita davanti alla giuria e al pubblico. Cosi' fin da quando Louise e' stata portata in aula con le catene alle caviglie, scrive il "Times", "il procedimento e' sembrato un processo del 1700". Ma c'e' un punto, puramente legale, che fa sobbalzare gli inglesi. Ed e', almeno in Massachusetts, il diritto concesso all'imputato di non essere giudicato su uno dei capi d'accusa. Con scommessa azzardata (e perduta) Louise e suoi legali hanno infatti rifiutato il giudizio per omicidio colposo, puntanto sul tutto o niente: omicidio volontario o assoluzione. E l'accusa ha ottenuto il massimo: "Questo e' il problema dei procuratori eletti in via politica, che diventano coinvolti emozionalmente", dice l'avvocato Mark Stephens. E spiega: "Il pubblico ha sete di sangue, cosi' i procuratori imputano il piu' grave crimine possibile". Conclusione: in Gran Bretagna, Louise sarebbe stata condannata per omicidio colposo. In America, invece, e' diventata un'assassina. Categoria:Casi di cronaca Categoria:Regno Unito Categoria:Stati Uniti
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