About: dbkwik:resource/LSdtGi7rKcu6gv6r-i0Tjg==   Sponge Permalink

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  • [[Immagine:3X11 SayidSami.jpg|left|thumb|Sayid e Sami si incontrano a Parigi]] Sayid sta affettando della verdura nella cucina di un ristorante parigino chiamato Le Portail d'Arabie. Un cameriere entra in cucina e, chiamandolo Najeev, gli dice in arabo che un uomo fuori ha chiesto di lui. Sayid esce dal ristorante e trova un uomo seduto ad un tavolo, da solo; l’uomo si complimenta con Sayid per l'ottimo piatto che ha appena mangiato e gli si presenta come Sami. Sami chiede a Sayid quale sia il suo paese d’origine: l’uomo gli risponde di essere siriano ma Sami gli dice in arabo di sapere che Sayid è iracheno, esattamente come lui. Sayid, sulle difensive, chiede all’uomo cosa voglia da lui. Sami offre a Sayid un lavoro come cuoco nel suo ristorante. Sayid, insospettito, chiede a Sami se di s
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  • [[Immagine:3X11 SayidSami.jpg|left|thumb|Sayid e Sami si incontrano a Parigi]] Sayid sta affettando della verdura nella cucina di un ristorante parigino chiamato Le Portail d'Arabie. Un cameriere entra in cucina e, chiamandolo Najeev, gli dice in arabo che un uomo fuori ha chiesto di lui. Sayid esce dal ristorante e trova un uomo seduto ad un tavolo, da solo; l’uomo si complimenta con Sayid per l'ottimo piatto che ha appena mangiato e gli si presenta come Sami. Sami chiede a Sayid quale sia il suo paese d’origine: l’uomo gli risponde di essere siriano ma Sami gli dice in arabo di sapere che Sayid è iracheno, esattamente come lui. Sayid, sulle difensive, chiede all’uomo cosa voglia da lui. Sami offre a Sayid un lavoro come cuoco nel suo ristorante. Sayid, insospettito, chiede a Sami se di solito gli sia sufficiente aver assaggiato un solo piatto per assumere un uomo come cuoco. Sami, sorridendo, gli fa notare che loro due sono entrambi stranieri a Parigi ed in più aggiunge che il suo cuoco si è appena licenziato. Sayid sorride. Quella sera Sayid attraversa Parigi e raggiunge il ristorante indicatogli da Sami. Avvicinatosi ad un tavolo dove sono seduti alcuni uomini, Sayid chiede dell’uomo. Sami, chiamato da uno degli uomini, entra nella stanza e presenta a Sayid sua moglie, Amira. Quando Sayid le stringe la mano nota che le mani della donna sono segnate da profondi segni causati da ustioni. Uno degli uomini arabi seduti ad un tavolo vicino afferra improvvisamente un braccio di Sayid mentre Sami chiede ad Amira se quello sia l’uomo. Quando la donna assentisce altri uomini saltano addosso a Sayid e, picchiandolo, lo sbattono a terra. A quel punto Sami si avvicina a Sayid, ancora stordito, e sferrandogli un calcio in testa gli fa perdere i sensi. [[Immagine:3X11 SayidPrisoner.jpg|right|thumb|Sayid tenta di convincere Sami che lui non conosce Amira]] Il giorno seguente Sayid si risveglia con le mani incatenate al pavimento di una stanza che sembra una dispensa. Sami entra nella stanza e gli offre una ciotola piena d’acqua: Sayid beve avidamente. Sami chiede poi a Sayid se lui sia mai stato un torturatore della Guardia Repubblicana e se ricordi sua moglie fra le prigioniere che ha torturato. L’uomo spiega infatti che Amira fu arrestata per aver dato asilo ad un nemico dello Stato e venne poi interrogata e torturata per confessare la sua colpa: la donna ha riconosciuto in Sayid il suo torturatore. Sayid rivela a Sami il suo vero nome e dice di non conoscere la donna e di non averla mai vista: lui si ricorda di ognuna delle sue vittime e forse la donna lo confonde con qualcun altro che lavorava nella Guardia Repubblicana. Sami replica con rabbia che sua moglie si ricorda così perfettamente di lui da averlo riconosciuto con un solo sguardo mentre passava nei pressi del ristorante dove lavorava. Sayid rimarca di non conoscere la donna. Sami, incurante delle sua parole, esige che Sayid ammetta la sua responsabilità in quello nella tortura della moglie o, in caso contrario, lui lo ucciderà. In seguito Sami ritorna con Amira nella stanza dove Sayid è tenuto segregato. L’uomo, posando una spranga di metallo contro una parete, chiede a Sayid se è pronto a confessare le sue colpe. Sayid ripete di non conoscere sua moglie e sottolinea che non avrebbe mai potuto far del male ad una donna. Sami, furente, colpisce Sayid con violenza e, quando l’uomo gli dice che lui non potrà mai fargli confessare una cosa non fatta, Sami gli grida contro che Amira è stata costretta a confessare dei crimini da lei non commessi quando lui le gettò addosso dell'olio bollente. Sami, sempre più rabbioso, sta per colpire nuovamente Sayid, stavolta con la sbarra di ferro, ma Amira lo ferma e gli dice che per il momento è abbastanza. Poi i due escono dalla stanza lasciando Sayid ferito e semi cosciente. [[Immagine:3X11 AmiraCat.jpg|left|thumb|Amira, con il suo gatto in braccio, racconta a Sayid la storia dell’animale]] Il giorno dopo Amira torna da Sayid, stavolta da sola, portando con sé un gatto. Amira racconta a Sayid che quando lei e suo marito arrivarono a Parigi lei era così spaventata da non riuscire uscire mai dal suo appartamento: un giorno sentì, nel vicolo sotto casa, i miagolii disperati di un gatto che veniva torturato da ragazzini. Fu in quell'occasione che Amira trovò il coraggio di uscire: salvò il gatto e lo tenne con sè prendendosene cura. La donna aggiunge poi che il gatto, nonostante ora possa godere di una vita tranquilla con lei, a volte tenta di morderla o graffiarla. Il gatto, infatti, non ha dimenticato ciò che ha subito e potrà più sentirsi al sicuro come una volta. Amira questo lo comprende profondamente perché è esattamente ciò che prova anche lei dopo quello che le è stato inflitto. Pertanto Amira esige che, per il rispetto che le deve, Sayid ammetta di averla torturata. A quel punto Sayid, in lacrime, riconosce di ricordarsi di lei e di non averla mai dimenticata: il suo volto infatti lo perseguita da quando ha lasciato l'Iraq. Sayid, piangendo, aggiunge che gli dispiace profondamente per ciò che le ha fatto. La donna, sentite le sue parole, gli concede il suo perdono e gli dice che farà in modo che il marito lo lasci andare perchè lei gli dirà di essersi confusa e che Sayid non è la persona che l’ha torturata. Sayid, stupefatto, chiede alla donna perché lo abbia perdonato e lo lasci andare: Amira gli risponde che tutti sono capaci di fare del male. Ma lei non vuole farlo perchè lei non farà mai quel genere di cose. Poi la donna lascia la stanza.
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