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| - BG 120° anno. Per la giovane elfa si avvicinava il giorno più bello dell’anno: quello del suo compleanno. Ciò che più la eccitava, in quel particolare giorno, era la curiosità di scoprire non tanto cosa le avrebbero regalato i suoi genitori, ma soprattutto il come! Suo padre, Aegnor, grande studioso di magia ed onorato membro della comunità di Arcanidia, ogni anno amava sorprenderla in qualche modo e, nonostante il suo carattere solitamente serioso e compassato, quando arrivava il giorno del compleanno di Elenariel si divertiva tantissimo a nascondere in qualche luogo impensabile il regalo che le aveva preparato. In questo veniva sempre aiutato e spronato dall'amorevole sentimento e dalla gioia di vivere che gli trasmetteva sua moglie, la bella Uranya, figlia di un nobile mercante di Nymorea che lui aveva conquistata dopo molti anni di discreta ma determinata corte, come si conviene ad un elfo per bene e di buona famiglia. Quell'anno però il compleanno di Elenariel assumeva un'importanza del tutto particolare. Era infatti il suo 120°! Elenariel entrava finalmente nella maggiore età e tutti sapevano bene che l’ingresso ufficiale nel mondo degli adulti le avrebbe consegnato le redini del suo destino, come da sempre era tradizione nella loro famiglia. La giovane elfa da diversi giorni ormai fantasticava su cosa sarebbe successo quel giorno, su come si sarebbe sentita nei panni di una donna ormai adulta. Come sempre la sua indole estremamente curiosa la portava a porsi mille domande; domande che però non avevano risposte perché i suoi genitori le ripetevano sempre che per ogni cosa c'è un tempo giusto, così nell'Arte come nella vita. Avrebbe dovuto aspettare e quando il tempo fosse venuto se ne sarebbe senz'altro accorta dai segni che si sarebbero resi manifesti. I segni… Quanta importanza suo padre dava sempre ai segni! Forse a causa dei suoi studi nell'Arte arcana, forse perché i suoi sensi esperti ormai sapevano cogliere la realtà che si cela oltre il Velo analizzando le più piccole perturbazioni nella Trama. Fatto sta che quelle fantastiche cacce al tesoro che ogni anno Aegnor le organizzava, avevano proprio lo scopo di preparare la piccola Elenariel a quello che sarebbe, ormai a giorni, diventato il suo destino, la sua Via, la sua Vita, come era stato da sempre per tante generazioni nella sua famiglia. Di padre in figlio infatti l'Arcano veniva studiato ed approfondito da ormai molti secoli in quella famiglia. Il padre di Aegnor aveva raggiunto le più alte vette della Conoscenza ormai. Quel vecchio nonno: Barahir, che in elfico significa "Signore della Torre", per Elenariel era ormai un personaggio quasi leggendario, che aveva dedicato tantissimi anni allo studio degli Arcani, ed a seguito dei successi conseguiti venne accettato a far parte della prestigiosa gilda di arcanisti di [il nome deve essere ancora deciso]. A seguito della sua ammissione la sua vita diventò ancor più ritirata e riservata, tanto che Elenariel praticamente non lo aveva visto che pochissime volte in quei 120 anni della sua giovane vita. Ma Aegnor le aveva spesso raccontato le gesta eroiche del pluricentenario nonno, ormai divenuto Sommo Arcano nella lontana Shant Sylenia. Le aveva raccontato di come avesse combattuto al fianco dei più grandi cavalieri in difesa del bene e di come la sua profonda conoscenza della Trama gli avesse spesso consentito di salvare la vita a coloro che poi sarebbero diventati veri eroi e portatori di Luce in tutte le lande del Regno. E le aveva raccontato di quanti immensi sacrifici e pericoli il vecchio Barahir avesse dovuto affrontare e superare per conquistare le più alte vette dell'Arte. Aegnor amava profondamente suo padre; da sempre era il suo modello di vita e ne seguiva scrupolosamente i dettami e l'esempio. Elenariel, a sua volta, era pervasa da un senso di profondissimo rispetto per quel venerabile patriarca della loro famiglia, ai suoi occhi così lontano, irraggiungibile e misterioso: un vero nume tutelare della famiglia e delle tradizioni. Di certo non si sarebbe mai aspettata che proprio in occasione del suo 120° compleanno il vecchio Barahir sarebbe entrato così prepotentemente nella sua vita, tanto da impostarne e deciderne il destino futuro. Mancavano ormai soltanto due giorni al suo compleanno. Mentre Elenariel se ne stava graziosamente seduta sulla riva di un ruscello a leggere uno dei suoi libri preferiti sui draghi una grande luce illuminò tutta l'area, come se un incendio di notevoli proporzioni si fosse di colpo sviluppato proprio alle sue spalle. Rossi bagliori illuminavano sinistri e minacciosi le candide pagine del libro. Elenariel, sbigottita, si girò… e fece un salto all'indietro, finendo quasi nel ruscello. Un essere di fuoco, gigantesco, la sovrastava. Il cuore di Elenariel perse un buon numero di colpi mentre paralizzata dal terrore fissava attonita il gigante infuocato. Dalle fiamme sembrò uscire un tuono sordo, che presto divenne una voce comprensibile: Elenariel, non aver paura. Io sono l'evocazione di un potente mago e non sono qui per farti del male. Il mio padrone vuole che tu riceva questa. La poderosa mano del gigante di fuoco lasciò cadere sull'erba un cilindro di metallo e poi, come era comparso all'improvviso, altrettanto improvvisamente scomparve. Il cilindro scottava terribilmente, tanto che era impossibile anche solo avvicinarsi. Ripresasi dallo spavento Elenariel lo fece rotolare con un bastone fino al ruscello, dove tra ampie volute di fumo il cilindro si raffreddò. Al suo interno vi era una pergamena, sulla quale eleganti caratteri elfici, vergati con un inchiostro dorato, recitavano poche parole: "Presto ci incontreremo Elenariel. Tieniti pronta". Poco più sotto vi erano incise le iniziali B.s.E. Erano passati appena pochi giorni da quel memorabile incontro. Elenariel si trovava insieme alla sua nuova piccola amica, Mia, una hin dotata di straordinari poteri psicocinetici, e ad un uomo che non conosceva, una persona per certi versi strana, scostante e piuttosto dura nei modi. Il suo nome era Ilhuar. Passeggiavano tranquillamente lungo il sentiero, quando d’improvviso le parve di sentire una flebile voce che la chiamava. Dire da dove provenisse non era facile, anche perché sembrava sentirla solo lei. Soltanto grazie al suo sopraffino udito elfico Elenariel potè individuare l’origine della voce in una vecchia grotta. Tra curiosità e perplessità il trio decise di entrare nella caverna, per indagare quantomeno sull’origine di questa presunta voce. Con grande circospezione e cautela si inoltrarono alquanto nelle profondità di quei cunicoli bui, animati soltanto da strani suoni che era difficile identificare se provenienti da qualche creatura o fossero piuttosto rombi e mugugni generati dalle correnti d’aria che vorticavano lì sotto. Poco dopo l’ingresso un cartello avvertiva minacciosamente: “Non avventuratevi oltre! Pericolo di creature affamate”. C’era poco da strare tranquille! Tuttavia la voce continuava a parlarle e ad esortarla, con un tono tranquillizzante e rassicurante, a proseguire. Vieni Mia, proseguiamo, le fece cenno l’elfa, invitandola a seguirla. Mia… ma dov’è Mia?, senti l’umano pronunciare queste parole, ed un brivido le corse lungo la schiena. Si girò, solo per constatare che davvero la piccola hin era sparita. Le ricerche si rivelarono ben presto vane, ed anzi controproducenti perché d’un tratto anche Ilhuar scomparve! Solo il buio era rimasto a farle compagnia, se così può dirsi dal momento che gli unici suoni che Elenariel sentiva erano i grugniti di chissà quali bestie che si trovavano da qualche parte in quell'oscurità. Ed oltre loro c'era il suo cuore a farle compagnia. Batteva così forte che poteva quasi sentirlo con il suo fine udito! E poi, naturalmente, la voce, che continuava a chiamarla ed a spronarla ad avanzare. La povera elfa non aveva molta scelta… Tornare indietro era impossibile poiché una pesante cancellata di ferro si era chiusa alle sue spalle e non c'era verso di smuoverla per quanto era pesante. Doveva avanzare, verso il suo oscuro destino. E così fece. Avanzò. La balestra stretta forte nelle mani sudate per la paura; il pensiero fisso sulla necessità di essere coraggiosa, perché solo col coraggio avrebbe potuto conquistare la Conoscenza che tanto bramava. Così le aveva detto suo padre. E allora, sensi all'erta e proseguì, fino ad arrivare in una grande sala dove alcune torce rischiaravano quelle che a prima vista sembravano statue, ma che Elenariel non impiegò molto a riconoscere come i corpi pietrificati dei suoi compagni scomparsi! Erano proprio Mia e Ilhuar! Ma chi mai poteva averli ridotti così? La risposta non si fece aspettare molto. D'un tratto un bagliore rossastro illuminò la stanza e lo stesso gigante di fuoco che aveva incontrato al fiume appena due giorni prima si manifestò nuovamente. Stavolta le sue parole erano però minacciose. Le chiese perché aveva portato con sé degli estranei. Ma Elenariel non aveva idea di ciò che sarebbe successo quando comunicò ai compagni che stava sentendo una voce. E poi Mia le aveva già diverse volte salvato la vita con le sue preziose cure. Di certo non era una nemica. In quanto a Ilhuar… beh, il caso lo aveva condotto verso quel destino. Ogni cosa nell'universo risponde ad una legge e se proprio quel giorno si trovava con loro e proprio in quel momento un motivo ci sarà pur stato, benché lei non lo conoscesse. Purtroppo il gigante di fuoco appariva assai determinato ad uccidere i due compagni dell'elfa! Li stava già circondando col suo fuoco. Presto la roccia si sarebbe fusa e con lei le carni dei due poveri sventurati. Elenariel non potè resistere ed implorò il gigante di fermarsi, perché quei due non avevano nessuna colpa per cui essere puniti così duramente! Il gigante rispose che se si fosse fermato il suo Maestro non sarebbe certamente stato felice, ma questo non impedì ad Elenariel di insistere e così facendo si ritrovò a dover effettuare una scelta davvero difficile: poteva salvare uno solo dei due. Chi sarebbe morto? Mia? Non se ne parlava nemmeno… La piccola hin, oltre ad essere un'amica per Elenariel, era depositaria di conoscenze davvero interessanti sui fenomeni psichici. Elenariel non voleva certo perdere l'occasione di sapere il più possibile sui suoi poteri. In quanto all'uomo, beh… l'elfa non lo conosceva minimamente. Era umano, e questo non era certo un punto a suo favore. Tanti umani sono così stolti da sprecare nei modi più inutili le loro già brevi vite… Tuttavia Elenariel non se la sentiva di condannare a morte certa una persona di cui non sapeva assolutamente nulla. La vita è pur sempre un bene assai prezioso. Per quale motivo avrebbe dovuto impedire a quell'uomo di vivere la sua e magari renderla perfino utile? No… non avrebbe condannato nessuno dei due! Questo rispose al gigante di fuoco. E fu così che i due morirono… entrambi! Inorridita Elenariel cercò in ogni modo di far recedere dal proposito l'ostinata creatura ma a nulla valsero le sue parole, per quanto accorate. La sua indecisione le aveva condannate a morte. Era questo l'unico, terribile, verdetto. Elenariel raccolse con la morte nel cuore la borsa e la pergamena che l'essere le consegnò prima di sparire. Davanti a lei i corpi senza vita dei due compagni sembravano accusare la sua stoltezza, senza alcuna pietà, nella loro cruda ed immutabile realtà. Doveva aiutarli in qualche modo. Non sapeva nemmeno lei come. Ma era tutto così assurdo, allucinante… Non poteva essere successo veramente! Ogni cosa era fuori da ogni logica, le appariva senza senso; senza senso come quella assurda borsa che ora stringeva in mano e che era costato la vita di ben due persone! Ma cosa c'era in quella borsa di così importante? Vi infilò dentro una mano. Due boccette contenenti un liquido verde luminescente. Elenariel, sempre più perplessa, decise di leggere la pergamena: "Cara nipotina, so che in questo momento il tuo cuore sarà assai provato per quello che è successo. Probabilmente ti sentirai colpevole perché qualcuno a te caro ha appena perso la vita. Non temere, sono io, tuo nonno, che ho predisposto gli eventi in questo modo, per metterti alla prova. Voglio che tu veda di persona cos'è la morte, questo grande mistero che ci accompagna ogni giorno, e con la quale ti dovrai confrontare tante volte nel corso della tua vita. Impara a mantenere sempre il giusto equilibrio di fronte ad essa, perché essa non è che un'illusione. Nella sacca che ti è stata consegnata insieme a questa mia lettera troverai due boccette. Contengono una pozione di resurrezione. Usale per legare di nuovo l'anima ai corpi di chi è stato involontario artefice di questo insegnamento. Sii loro grata per la sofferenza con cui ti hanno donato una conoscenza e decidi col tuo giudizio se renderli partecipi o meno dell'accaduto. Da soli non ricorderanno nulla. Ti abbraccio. Tuo nonno Barahir" Elenariel sorrise e ripiegò con cura la lettera del nonno, poi prese un respiro profondo, rilasciando la tensione accumulata e versò il contenuto delle due boccette nella bocca di Mia e di Ilhuar. La vita tornò a scorrere in loro, ma ciò che veramente accadde quel giorno rimase un segreto, ben custodito nel cuore della giovane maga e forse in qualche pagina del suo diario personale.
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